Quando ero piccola, a causa di un difetto congenito all’occhio e la mancanza degli occhiali appropriati, venivo sempre vista come un po’ strana. Negli anni 90, nell’Albania post comunista essere un bambino con gli occhiali era una rarità. A volte, in modo scherzoso (almeno così dicevano, perché io di scherzoso non ci ho mai trovato nulla) mi chiamavano quattrocchi. Gli occhiali diventarono così un oggetto solo da casa. I miei dicevano sempre “Qui dentro siamo noi stessi.”

Per poter “vedere” veloce anche io come tutti i bambini, ho iniziato a riconoscere velocemente forme e colori. Pur non vedendo chiaramente i visi ero comunque in grado a riconoscere le persone.

Ecco, la fotografia non è fotografare, ma come vedere il mondo. In realtà è un linguaggio. Ognuno di noi inizia questo percorso in una tenera età e le cose che fotograferà saranno inevitabilmente le cose che già conosce…