Turbolenze pronte a scaricarsi.
Oscurità che si alza piano piano.
Io, piccolo fiorellino in mezzo.
Profondità che nasconde grandi segreti
Castelli che crollano e affondano
Io, piccola onda silenziosa in mezzo.
Turbolenze pronte a scaricarsi.
Oscurità che si alza piano piano.
Io, piccolo fiorellino in mezzo.
Profondità che nasconde grandi segreti
Castelli che crollano e affondano
Io, piccola onda silenziosa in mezzo.
Quando ero piccola, a causa di un difetto congenito all’occhio e la mancanza degli occhiali appropriati, venivo sempre vista come un po’ strana. Negli anni 90, nell’Albania post comunista essere un bambino con gli occhiali era una rarità. A volte, in modo scherzoso (almeno così dicevano, perché io di scherzoso non ci ho mai trovato nulla) mi chiamavano quattrocchi. Gli occhiali diventarono così un oggetto solo da casa. I miei dicevano sempre “Qui dentro siamo noi stessi.”
Per poter “vedere” veloce anche io come tutti i bambini, ho iniziato a riconoscere velocemente forme e colori. Pur non vedendo chiaramente i visi ero comunque in grado a riconoscere le persone.
Ecco, la fotografia non è fotografare, ma come vedere il mondo. In realtà è un linguaggio. Ognuno di noi inizia questo percorso in una tenera età e le cose che fotograferà saranno inevitabilmente le cose che già conosce…
La luce fa entrare desideri,
Che dolcemente mi avvolgono
E mi illuminano.
C’è sudore sulla mia fronte.
Sento il rumore del mio respiro,
È veloce come il galoppo di un cavallo…
E poi arriva il sollievo…
Calmo come la brezza in estate.
È di nuovo mattina.
Oggi le nuvole suonano una sinfonia,
Io sto qui in prima fila.
Io sono l’ospite d’onore.
Scompare velocemente
Allungo la mano
Ma tutto scivola velocemente…
La luce del mattino anche oggi è più veloce
E io a occhi socchiusi, la vedo mentre si nutre dei miei sogni….
Il posto che chiamiamo casa non è il posto dove viviamo, ma dove sono conservate e prosperano le nostre radici. Magari in un posto lontano, magari in un rumore, magari in un odore… e magari sono intrecciate e unite per sempre in un intenso abbraccio con un altro cuore…
The place we call home it’s not where we live, but where our roots are preserved and thrive. Maybe in a distant place, maybe in a noise, maybe in a smell … and maybe they are intertwined and united forever in an intense embrace with another heart …“No, bambine non si può uscire. È pericoloso. Giocate dentro casa”
Era il 1997 quando a causa della guerra civile in Albania dovevamo stare dentro casa. Mi ricordo bene di quel periodo, quando il sole per intero lo vedevamo disegnato su un pezzo di carta, e solo qualche raggio ci riscaldava mentre sognavamo il mare.
Mi ricordo mia mamma sempre indaffarata in cucina e le lunghe assenze di mio papà. Mi ricordo la mia gioia quando lui tornava finalmente a casa e con calma posava il suo cappello da militare e mi ricordo bene il sollievo di mia mamma mentre lui ci abbracciava.
Ecco, questi giorni di lockdown mi riportano in un passato non molto lontano… In un passato che sembra un po’ anche presente
Siamo come le ombre…
È solo grazie al sole che siamo visibili.
Cambiamo forma perché il sole brilla indisturbato dalle nuvole.
E io provo ad essere il tuo sole… Ma Tu sei molto grande e io molto piccola…
Io da sola non ci riesco a far risaltare la tua ombra.
La verità e che la vita scorre molto veloce
e ad un tratto ci si trova con un pugno di ricordi in mano,
ricordi non necessariamente veri e autentici,
ma è tutto quello che ci rimane….